di Paolo Costa
Quando entri nella pieve di Romena e ti lasci avvolgere dal clima di un matrimonio, senti don Gigi che a un certo punto dice: “cari sposi, mettetevi uno di fronte all’altra e guardatevi. Noi vi guardiamo e contempliamo perché abbiamo bisogno del vostro sguardo d’amore che ci salva”. Ecco il valore dello sguardo: un gesto d’amore che ci fa sentire amati, capiti, cercati.
In uno sguardo ci può essere di tutto: bontà, tenerezza, rabbia, simpatia, giudizio, paura, dolore, meraviglia, difesa, complicità, nascondimento… lo sguardo dice tanto di noi. Lo sguardo è la chiave per conoscere e parlarsi in una relazione. Ce ne siamo accorti durante la pandemia: la mascherina copriva le nostre espressioni della bocca, e potevamo parlare solo con i nostri occhi.
Diceva il nostro fra Giorgio Bonati: “É sempre una scelta aver cura del nostro sguardo, decidere da che parte e con quale attenzione puntare gli occhi, avendo fede abbastanza da lasciare che poi la vita ci guidi. E il meglio, ormai l’ho imparato, sta nelle piccole cose, nei piccoli segni, nei piccoli miracoli che ognuno di noi sa fare”.
La scelta del nostro sguardo è un lavoro continuo che viene da dentro: non è cambiando l’esterno che cambia lo sguardo, ma maturando sempre di più nel profondo di noi possiamo dare valore nuovo e bello ai nostri occhi. Lo diceva Gesù di Nazareth: “non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo” (Mc 7,15).
In certi occhi vedi luce, in altri buio e dolore; altri occhi portano con sé ferite e conquiste radicate nel tempo. Gli occhi hanno impresso una storia lontana e incombente dove il sentirsi amati o meno, Sembra poco. Ma è tutto. Uno sguardo può contenere tutto ciò che serve per mostrare chi siamo e per entrare in contatto profondo con gli altri. 34 35 ci ha portati a vivere, con fiducia o senza, tutti gli sguardi che abbiamo incrociato nel nostro cammino, tutto ciò che ci è accaduto e che abbiamo portato dentro di noi. Ma, come diceva il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry: “Ecco il mio segreto. É molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.
Vedere con il cuore significa tornare bambini, tornare ad innamorarsi perché solo così il nostro sguardo avrà occhi nuovi, puliti, semplici: più il nostro cuore sarà grande, nitido, sincero e caldo, più il nostro sguardo riuscirà a creare quelle relazioni che hanno bisogno di tanta pazienza e di riti, come diceva la volpe al Piccolo Principe, per essere “addomesticato”, vissuto in una dimensione di familiarità e conoscenza.
Don Luigi Ciotti ci ha raccontato recentemente di quel barbone sdraiato su una panchina di Torino: era un medico caduto in disgrazia per un’operazione andata male. Il suo sguardo triste però, sapeva indicare al giovane Luigi dove i giovani di allora iniziavano le loro dipendenza: locali, persone, aderenti. In quello sguardo preoccupato per il futuro, don Ciotti seppe sentire una chiamata, non solo alla compassione per quel pover’uomo, ma ad una vita dedicata ai giovani e al loro recupero di esistenza e dignità.
Dentro ad uno sguardo c’è una vita, e quella vita è capace di indicarci da dove veniamo, dove andiamo e con chi camminiamo. Ma accade tutto in un incrocio di interiorità: sapremo essere fecondi di futuro se la nostra interiorità saprà partorire dallo sguardo occhi nuovi, belli, nutriti di bene e di amore. Più coltiviamo energia positiva, amorevole e costruttiva, più avremo uno sguardo capace di cose grandi e luminose attorno a noi. E gli occhi faranno palestra: allenarsi a nutrire ciò che dona verità e amore al nostro sguardo è una capacità che dalle parole ci fa passare ai fatti: quello che vediamo, lo sappiamo fare; chi incontriamo, lo sappiamo amare in concreto. Lo sguardo diviene una scelta di cammino nella vita.
Tratto dalla rivista di Romena, n. 33 Sollevare lo sguardo