di Luigino Bruni
Aspettando il convegno di luglio “Con tutte le tue creature” vi proponiamo una preziosa riflessione su natura e fraternità.
Nella Bibbia la cura della terra e la cura delle relazioni umane sono collegate: non ci può essere l’una senza l’altra.
Nel libro della Genesi, c’è un versetto tra i più giustamente noti della Bibbia (2,15), che descrive la “vocazione alla custodia”: “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse”.
Ha scritto Erri de Luca: “Il primo mestiere dell’umanità è stato il giardiniere”: la prima vocazione dell’uomo è stata occuparsi di un terreno, di un giardino, di coltivarlo. Questo coltivare e custodire la terra ci dice tante cose che si possono riassumere nella parola “cura”. La terra vive in un rapporto profondo, di reciprocità, con noi: la terra lasciata a sè stessa non sempre produce cose buone. Per esempio, se qualcuno non si prende cura del suo giardino, dello spazio in cui vive, poi lo trova in disordine, ricoperto di erbacce. Non è vero che ciò che è spontaneo è sempre buono. C’è quindi un compito di custodia per noi uomini: la terra non va lasciata a sè stessa, ma va accompagnata.
Questa parola “shamar” che vuol dire custodire-prendersi cura in ebraico, la troviamo ancora una volta nella Genesi dopo due capitoli, nel capitolo 4, quando Caino torna dai campi senza Abele che ha ucciso; “Allora il Signore disse a Caino: ‘Dov’è Abele tuo fratello?’. Egli rispose: ‘ Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?’”. Quel verbo “shamar”, custodire, lo troviamo ancora per dirci che la cura del giardino, del pianeta e la cura del fratello sono la stessa cosa. Chi non si prende cura della terra, nella Bibbia, non si prende nemmeno cura del fratello e viceversa.
Nella vita sappiamo benissimo che le due cure non sempre sono insieme, chi si prende cura dell’ambiente non sempre ha lo stesso atteggiamento verso il suo prossimo. Ma nella Bibbia sì: l’I care di don Milani, è vero in tutti i sensi: mi sta a cuore la natura e mi sta a cuore mio fratello. Ecco perché mi piace leggere insieme capitolo 2 e capitolo 4 della Genesi: prendersi cura della terra deve diventare prendersi cura del fratello. E se non ti prendi cura del fratello non sei indifferente, ma sei un fratricida, perché quella risposta “Non sono io il custode” significa “sono io l’assassino di mio fratello”. Quando non c’è cura, non c’è una zona neutrale: c’è semplicemente la violenza. Oggi, così, chi non si prende cura degli immigrati, dei bambini, delle persone fragili, direttamente o indirettamente li condanna. Ecco perché mi piace così tanto lo ‘shamar’ della Bibbia: perché mette insieme il giardino e il fratello, la fraternità cosmica e la fraternità umana.
Tratto dalla rivista di Romena, n. 17/2020 Lo chiederemo agli alberi