Rivivamo insieme una sera indimenticabile, quella del 13 marzo di 10 anni fa, la sera in cui venne eletto Papa Francesco, con le meravigliose parole di Angelo Casati, sacerdote e poeta.
Domenica prossima, 12 marzo, a Romena, in anticipo di un giorno, festeggeremo quell’evento. L’incontro (ore 15 in auditorium) dal titolo “Semplicemente grazie” avrà per protagonisti tre testimoni che lo conoscono molto bene: un amico argentino, Marcelo Figueroa, una vaticanista, Annachiara Valle, e il Prefetto del Dicastero della comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini.
Insieme racconteremo il vento nuovo che ha portato, in questi 10 anni il papa venuto ‘dalla fine del mondo’.
Apparve così, come lo sentiamo oggi, fin dalla prima sera.
Erano gesti semplici, i suoi, ma a noi sembrò da subito che, dietro quei gesti, stesse un pensiero, una immagine di chiesa che ci faceva riandare agli orizzonti del Concilio.
Si tolse fin dalla prima sera l’imponenza, tutto ciò che alla figura del Papa legava l’immagine di una certa sovranità, nei vestiti, nelle parole, nei gesti.
Diventò subito il Papa dell’immediatezza.
Lo guardammo, era come abitato da una passione di vicinanza, quella del pastore cha fa vita con il gregge: quella passione era nei suoi occhi e sulla sua pelle…
Disse: “Buona sera”, era una chiesa che entrava negli spazi della giornata, nella casa, nelle ore delle case. L’ora della sera.
Quasi ad allontanare la visione di una chiesa che fa le sue cose e non le stanno a cuore le sere delle donne e degli uomini, le sere del mondo.
Il Papa del concilio si chiamava fratello. Il Papa, che veniva dalla fine del mondo, il suo essere fratello lo disse con un gesto che non finisce di stupire, dove la fraternità ha la precedenza sul ruolo: chiese una benedizione, una preghiera, chiese di essere benedetto dal suo popolo, prima di benedire.
Un popolo che benedice il suo pastore.
L’impressione fu enorme, era profumo di vangelo.
In questa ricorrenza vorrei salutarlo e ringraziarlo così:
Caro Papa Francesco, io sono un vecchio prete, ma, pur da vecchio, non avevo mai smesso in questi anni di fare sogni, e tra i sogni, che ancora accendevano di passione gli occhi e il cuore, quello – e prendo a prestito la parole da don Primo Mazzolari – di una chiesa che “fa casa con gli uomini”.
Tu hai dato corpo al sogno.
Hai legato la tua immagine non a un Palazzo se pur pontificio, ma a una casa. Ogni volta che ti penso a Casa Santa Marta, penso che tu fai casa, fai casa con noi, fedele ancora una volta a Gesù che ha messo la sua tenda in mezzo a noi.
Vorrei ringraziarti: con te la chiesa “fa casa”. Io porto emozione negli occhi.
Angelo Casati
Il testo è tratto dal libro “Semplicemente grazie” (Edizioni Romena)