“Dove ci condurrà la vita? Che importanza ha saperlo se sei certo che là dove ti conduce c’è un amore?” Un anno fa Carlo Molari ha potuto verificare di persona quello che aveva percepito come uomo di fede e come ricercatore dell’infinito. Ma “Il più grande teologo dei nostri giorni”, così lo ha definito Vito Mancuso, esaurito il suo cammino sulla terra a 94 anni, ha continuato e continua a stimolare pensieri, speranze, ansie di libertà. Il suo pensiero profetico continua a precederci, ad aprirci il cammino. Per questo abbiamo pensato di cogliere questa ricorrenza (Carlo è morto il 19 febbraio del 2022) per dedicargli un libro “Lo stupore di esistere” (Edizioni Romena), nel quale abbiamo raccolto gli interventi fatti da Carlo a Romena su tre grandi temi: “Lo stupore”, “L’amore” e “La fiducia”.
Il grande teologo si presenta con un linguaggio accessibile, adatto a ogni lettore, con il quale è possibile toccare con mano la vastità del suo pensiero. Un pensiero che viene anche meravigliosamente presentato da Vito Mancuso con un suo intervento letto davanti a Carlo Molari in occasione del suo novantesimo compleanno.
Quello che vi proponiamo è quindi di avventurarvi tra le parole di questo teologo speciale: è un’avventura che tocca le corde profonde della vita, che apre scenari inattesi, che riesce a raggiungere testa e cuore insieme.
Per iniziare con voi questo viaggio vi anticipiamo un breve passaggio del libro e il testo della prefazione che ho scritto provando a raccontare l’incontro di Romena con Carlo e i motivi per cui ha affascinato così tanto…
Buona lettura!
Prefazione “Lo stupore di esistere” di Massimo Orlandi
CARLO MOLARI E LO STUPORE DI ESISTERE
«Aver fede in Dio non significa sapere cosa è Dio perché noi non possiamo saperlo.
Aver fede in Dio vuol dire sapere che ciò che è in gioco nella nostra piccola storia è molto più grande di quello che siamo, perché contiene anche tutto quello che saremo.
Questo significa vivere la fede in Dio: non pretendere di sapere cosa è Dio.
E questa io credo sia la ragione più grande dello stupore, per cui ogni piccola novità
che emerge non suscita stupore per quello che è, ma per l’immenso di cui fa presagire l’esistenza.
Lo stupore, quindi, diventa l’attesa di quello che ancora non è stato conosciuto, non è stato amato, non è stato vissuto.
E questa è la forma più gioiosa dello stupore perché non ha confini, non ha il limite delle cose, non ha il limite della nostra conoscenza. Resta aperta all’infinito. Quando, nei momenti di contemplazione – e tutti ne dobbiamo avere perché contemplare significa aprire l’occhio oltre la superficie delle cose – non si vede nulla, ma si vede che il nulla è pieno di una presenza, si percepisce che c’è una forza più grande.
E affidarsi a questa forza è lo stupore più grande, è lo stupore della fede.