“Sale alto sulle colline di Scandicci il campanile di Giogoli. Come un braccio alzato, come un invito. Se ti avvicini trovi auto insinuate in ogni spazio tra gli olivi che ammantano la collina. Se entri trovi un prete che parla e fa parlare, e un abbraccio accogliente, che sa di casa”.
Ho cercato questo articolo scritto una decina di anni fa per la nostra rivista per ritrovare di nuovo quel prete, Giorgio Mazzanti, e per salutarlo.
Don Giorgio se n’è andato oggi da questi passi terreni dopo aver passato una vita a mescolarli con quelli divini, cercando tutte le connessioni possibili tra gli uni e gli altri.
Insegnava teologia all’Università, ma era anche anima di una comunità aperta, accogliente che lui coinvolgeva sempre, in ogni frangente di vita: indimenticabili il suo transitare su ee giù per la chiesa durante la messa per porgere il microfono a chiunque volesse esprimere un pensiero,
Era un uomo intelligente, aperto, comunicativo, sensibile: è stato un grande riferimento per un popolo variegato di persone in cammino. Tanti amici di Romena spesso frequentavano la chiesa di Giogoli e viceversa: questo travaso sano e nutriente, faceva bene a tutti, permetteva di alimentarsi di vita e di speranza da fonti diverse, ma intimamente vicine.
Giorgio per molti anni ha anche accompato tanrtissime giovani coppie nel lopro cammino d’amore verso il matrimonio. Nell’articolo che ho citato mi raccontava proprio di quei percorsi di incontro: “Io credo – diceva – che l’innamoramento sia la percezione della dimensione profonda di se stessi e dell’altro. Questa conoscenza intima, profonda, vera, è necessaria perché l’amore possa esprimersi e consentire a ciascuno di espandersi nella totalità del potenziale che ha dentro. Perché, questo è il fine dell’amore, la tua donna, il tuo uomo, ti deve portare alla piena realizzazione di te stesso”.
Da anni conviveva con un ospite terribile, la Sla. La malattia gli aveva subito rubato il bene che, più degli altri, gli permetteva di essere vicino a tutti, la parola. E allora era sceso ancora più nel profondo di sè stesso per un faccia a faccia ancora più profondo con le grandi domande del vivere. Ora che non parlava scriveva, versi soprattutto.
Il nostro Gigi, appresa la notizia, mi ha invitato a condividere con tutti voi una poesia che Giorgio gli aveva inviato pochi mesi fa. Ultimamente dialogavano così, trasmettendosi poesie via e-mail.
Leggere questa bellissima poesia è un modo per continuare ad ascoltare la sua voce, la
voce di un uomo pieno di luce.
Sciogli il giudizionessuna durezza
serve, né di cuore
né di testa, neppure
di santità:
nessuna rigidezza
salva, nessuno sguardo
sprezzante;
sciogli in fiocchi di neve
ogni più duro calcolo
minalo da dentro
in misericordia:
ha sempre la meglio
la ferita sconfigge
un cuore di lacrime
smonta costruzioni
di orgoglio
fa crollare
ogni moloch fragile
nella sua alta apparenza
una fralezza interna
abita l’uomo,
solo sullo scoglio
duro della tenerezza
trova salvezza
e canta di gioia.
(ritrovata).