Sono nel pieno di un contagio di gioia, e devo allargarla. La gioia è per un piccolo grande evento in programma domani e che riguarda un grande amico di Romena.
Domani, venerdì 21, Gianni Marmorini presenta a Roma il suo libro “Isacco il figlio imperfetto” (Casa editrice Claudiana).
Sede di questo appuntamento è l’Università Gregoriana. Un luogo speciale per Gianni: per anni è stata questa la fonte cui è andato a dissetarsi per i suoi studi appassionati sulla Bibbia, e questa volta è lui a portare, con tutta l’umiltà del caso, un po’ di nutrimento.
Un evento dicevo. E i suoi parrocchiani di Papiano e di Stia lo hanno capito per primi: guidati da don Carlo Corazzesi marceranno gioiosamente su Roma. Si sono presi un pullman grande come l’abbraccio in cui vogliono tenere ben stretto il loro amico sacerdote.
Lo avete capito: non potrò esserci, ma vorrei. E mi piacerebbe far partecipare anche voi. E siccome scrivere è anche un modo per viaggiare, provo a dirvi qualcosa di quella che non è una fatica editoriale. E molto di più. Un vero e proprio parto…
La Bibbia si comincia ad amare a cinquant’anni. Non ricordo a che proposito Gianni si lanciò in questa ipotesi da sociologo, ma è abbastanza chiaro chi fosse il campione di indagine. Lui stesso, anno più, anno meno.
Fino ad allora Gianni era stato quello che è oggi: un prete impregnato di umanità. Un prete capace di accarezzare e spingere la vita degli altri, mettendo a disposizione il suo tempo, la sua libertà di pensiero, e la sua fragilità.
Un mix meraviglioso a cui Gianni aveva sentito il bisogno di aggiungere un ingrediente in più: la passione per la Bibbia.
L’aveva studiata, certo, la conosceva, ma solo in età matura se ne era innamorato. E da innamorato aveva cominciato a frequentarla, e non accontentandosi di frequentarla, aveva voluto studiarla a fondo, iscrivendosi di nuovo all’università. E in questo percorso si era trovato a studiare di nuovo greco, a cimentarsi nell’ebraico, e a coinvolgere in questi studi e in queste scoperte gruppi sempre meno sporadici di amici e parrocchiani.
E in questo risalire la corrente della Bibbia a partire dal suo vissuto quotidiano di uomo e di religioso, Gianni aveva sperimentato una capacità unica di trasmettere storie e personaggi biblici, di raccontarli, di farli sentire vicini.
“Ma perché non scrivi qualcosa su queste figure bibliche? Perché non permetti ad altre persone di accostarsi alla Bibbia attraverso ciò che ti ha così tanto appassionato?” Più volte avevo cercato di convincere Gianni a fare per scritto ciò che gli riusciva così bene nelle sue omelie, nei suoi interventi pubblici. Ma Gianni non si sentiva sufficientemente autorevole per farlo.
La questione poteva diventare, e lo sarebbe stata, un modo divertente per continuare a discutere amorevolmente (come abbiamo sempre fatto). Ma nel frattempo a sparigliare le carte era arrivato Isacco. L’intuizione di Isacco. Ed era arrivata non bussando alla porta, ma spalancandola.
Ma perché Isacco? Perché Isacco era uno snodo incomprensibile nella discendenza dei grandi Padri. Veniva dopo Abramo, prima di Giacobbe, ma non c’era azione in cui risaltasse, non un atto vissuto da protagonista come chi lo precedeva e chi lo avrebbe seguito. Isacco non contava, non faceva, non disponeva. Perché? Gianni aveva sentito addosso un vento caldo, come una vampata: Isacco, questa la sua ipotesi, non era un figlio di cui parlare, non era un figlio da mettere in mostra perché era disabile, probabilmente un disabile psichico.
Nella grande storia dell’umanità Dio aveva riservato un posto speciale a una persona speciale, dando silenziosamente luce alla limitatezza che abita in Isacco, e che riguarda tutti noi e in particolare quella parte di noi che fatica ad accettare limiti e imperfezioni.
Davanti a questa scoperta Gianni aveva avuto due reazioni: l’aveva seguita da una parte, scrivendo di getto la prima bozza del libro, e temuta dall’altra, per le implicazioni che poteva avere una scoperta del genere. E per assecondare virtuosamente il suo timore aveva interpellato esperti e professori, e compiuto tutti gli approfondimenti necessari perché il suo libro potesse avere un terreno un po’ più solido su cui appoggiarsi. Cinque anni sono passati così.
Pochi giorni fa Gianni mi ha chiamato per consegnarmi il frutto del suo lavoro. Non ho resistito e ho subito dato una prima lettura al libro, sperando che tutto il lavoro certosino di studio non avesse inciso sul fuoco originario. Le mie speranze erano fondate: il libro, per quanto più che documentato, non è fatto per stare solo nel recinto degli addetti ai lavori dove pure, ne sono certo, si farà apprezzare, ma è capace di parlare a tutti.
E l’inchiesta profonda e circostanziata su Isacco è anche un modo per entrare nella vastità delle pagine bibliche.E’un libro in cui don Gianni è presente, ma nel suo stile: per accompagnare con garbo, con sapienza semplice, con passione.
Ora forse capite perché quello di domani è un evento. E perché sarebbe bello andare a Roma, magari sul pullman con don Carlo. E sentirsi come tifosi che vanno alla finale di coppa. Insolita la Gregoriana, come stadio. Ma per una volta, per questa volta, va bene così.