Era previsto. Neve. Neve dappertutto. Certo che è banale parlare del clima, ma è anche sbagliato non accettare di farsene stupire. Ritrovo un articolo che avevo scritto sul giornalino di Romena in una giornata come questa. Il tema era “Abitare la vita”…
Abitare la vita
Nevica. Nevica dolcemente, il vento si culla ogni fiocco.
Nevica sul Casentino, il grigio chiaro del cielo si tuffa nel bianco della valle.
Nevica, e una coperta lieve copre ogni rumore, se cammini senti anche i tuoi passi, affondano morbidi, fanno musica.
Penso alle tante nevicate cui ho assistito.
Ti affacci fuori, e devi restare dentro. Hai mille cose da fare, e puoi solo aspettare. Senti quell’evento come una violenza. Come se la natura ti obbligasse ad accorgerti di lei.
Poi passa. Ti scopri a seguire la scia infuocata delle braci sul camino, a scrivere una lettera a un amico, ti riesce anche di giocare, come un bambino, all’aperto. E non ti ricordi neanche perché, fino a poco prima, ti tormentava la tua ansia. Le sbarre sono sparite, ti consegni volentieri a quell’oceano di pace e di bellezza.
Associo questa nevicata a una recente esperienza. Durante un corso che sto facendo con la Compagnia delle Arti di Romena, ci è stato chiesto di metterci a coppie e di ascoltarci. Per cinque minuti uno dei due doveva parlare e l’altro star lì, occhi negli occhi, senza voltarsi, senza annuire, senza ribattere. Silvia, l’amica che doveva farlo con me, la conosco da anni. In quei cinque minuti ho visto di più. Non mi sfuggiva nulla, le sue parole scolpite, gli occhi che salivano e scendevano, i suoi capelli, e come erano pettinati, il sorriso accennato e l’onda del suo volto in movimento.
Ho visto un mondo anche se quel mondo lo avevo sempre avuto a portata di mano.
Ha scritto Ernesto Balducci che è l’ascolto, l’ascolto del mondo e degli altri, che ci permette di uscire dal nostro “monologo” e di entrare nella grande sinfonia dell’universo. Sento che il mio ascolto è spesso prigioniero della mia emotività o del mio attivismo, che il mio “monologo” nasce da quella frenesia del fare che distribuisce ciò che sento solo in funzione del bisogno, solo in previsione della sua efficacia.
Si può andare oltre, sento il bisogno dell’oltre. E quest’oltre è in un orizzonte più vasto e profondo dell’ascolto, capace di farmi incontrare nuove note nella sinfonia dell’universo.
Me lo dice una nevicata, me lo ha comunicato un’amica.
Abitare la vita per me, in questo momento, vuol dire imparare ad ascoltarla meglio.
Non so se in questo bisogno si riconosce anche qualcuno di voi. So che questo tema si può sviluppare solo uno ad uno, ciascuno dal luogo dove si trova la sua vita, ciascuno indirizzandosi verso ciò di cui sente l’assenza. La vita da abitare non è solamente quella che viviamo, è il nostro presente nutrito anche dal richiamo del futuro.
Dov’è che spinge la vostra vela? Cosa vi manca per sentirvi più autentici, più vicini a voi stessi, alla vostra vita?
Ora tocca a voi svolgere, nella vostra intimità, questo stesso tema.
Se volete, vi posso offrire un po’ di questa neve, la sua carezza di pace, il suo tempo senza tempo, il suo profumo di domani, sotto una scorza bianca di silenzio. Può essere un buon aiuto per il vostro ascolto interiore. Di sicuro è anche un modo perché possiate immaginare la nostra Romena imbiancata, come in una cartolina inviata al cuore di ciascuno di voi.