Era il cane di Romena. E il tempo al passato fa capire che lo è ancora, ma in un modo diverso. Tobi si è congedato in silenzio, lasciando una scia sottile di malinconia, e un profumo irresistibile di gioia e di amicizia. Tobi era il cane di Raffaele Quadri, grande collaboratore di Romena, ma Romena era la sua casa. Anche per questo il suo ricordo diventa pubblico, anche per questo il racconto del saluto che gli abbiamo riservato martedì, riguarda tante persone: tutte quelle, e sono tante, che se lo sono viste passare accanto, per far scorta di un saluto e di una carezza. Perché Tobi richiamava, senza mai invadere, l’attenzione di tutti, e a tutti restituiva il calore della sua silenziosa ma calda amicizia…
Il saluto degli amici di Romena a Tobi
Anche il ruscello si è fatto zitto per salutare Tobi. Vicino all’icona della fedeltà, dove il suo corpo ha trovato riposo, l’anima di Tobi ci abbracciava tutti in un silenzio pieno di calore: era come se la sua coda ci scodinzolasse intorno ringraziandoci per quella presenza.
Eravamo un gruppetto di amici in rappresentanza di un popolo di viandanti: perché chi è passato a Romena in questi anni Tobi l’ha conosciuto di sicuro, e di sicuro gli ha voluto bene. Impossibile non volerne a quel cane che accoglieva senza mai invadere, rappresentando, con il suo solo esserci, il modo più adatto per dire: “Benvenuto”.
“E’ giusto che Tobi riposi qui – ha detto don Luigi – lungo quella via della resurrezione i cui valori noi proviamo a vivere uno per uno, mentre lui li aveva già dentro: umiltà, fiducia, libertà…ed è ancora più importante che lui sia qui, accanto alla parola fedeltà, perché è quella che lo rappresenta meglio di tutte le altre”.
Abbiamo deposto un segno della natura, una foglia, un sassolino, sulla roccia che lo ricorda. Non ci sono state altre parole che quelle che ci hanno regalato i poeti.
Omero, nella pagina in cui Ulisse, rientrato a Itaca, ritrova il suo cane Argo, ormai vecchio e malato, che pure lo riconosce dopo tanto tempo e, pur non avendo più la forza di rincorrerlo, muove la coda in segno di gioia.
E ancora Tagore, nello scritto in cui racconta il suo cane e ci dice come questo compagno silenzioso “veda l’uomo nella sua interezza”.
Infine Neruda, che ha scritto, per la morte del suo cane, parole universali:
Il mio cane mi guardava
dandomi l’attenzione necessaria,
l’attenzione necessaria
a far comprendere a un vanitoso
che essendo cane lui,
con quegli occhi, più puri dei miei,
perdeva il tempo, ma mi guardava
con lo sguardo che mi riservò
tutta la sua dolce, la sua pelosa vita,
la sua silenziosa vita,
vicino a me, senza mai importunarmi,
e senza chiedermi nulla.
Nello spazio di questo nostro ricordo, ho faticato a guardare negli occhi Raffaele, il padrone di Tobi, o meglio il suo amico, fratello, compagno.
Raffaele ha regalato il suo labrador al quotidiano di Romena, lasciando che Tobi fosse di tutti, ma riservando a sè l’attenzione ai suoi bisogni, e la cura delle sue fragilità.
E pensando a Raffaele, e a come si potesse sentire, mi sono tornate alla mente le parole che padre Giovanni Vannucci scrisse a un’amica per l’improvvisa morte del suo cane. Parole che mi permetto di trascrivere e di adattare attribuendole a questa storia. Perchè credo che gli assomiglino. E perchè sono un buon modo per salutarlo…
«Abbiamo avuto un grosso dolore a Romena. È morto Tobi.
È morto allungando il musetto in cerca della mia mano.
Ne sono ancora turbato al punto che, quando mi torna il pensiero della sua umile gentilezza, devo alzarmi o uscire di casa per non essere
oppresso dall’amarezza.
Gli devo molto, mi ha fatto capire e sperimentare che Dio è qualità.
Credo nella risurrezione di tutte le creature.
L’abbiamo sepolto in uno dei suoi luoghi preferiti.
Farò porre questa iscrizione: “sono andato oltre, ma rimangono gli uccelli, gli alberi, le strade che con gioia ho percorso con gli amici!’».