Il blog di Romena, a cura di Massimo Orlandi

L’abbraccio di Giuseppe

imageQuesta mattina ci ha lasciato Giuseppe Baracchi. Giuseppe è stato una delle più grandi figure del Casentino dal dopoguerra a oggi: grazie al suo genio imprenditoriale ha creato un’impresa, la Baraclit, leader nel suo settore. Giuseppe era anche un grande amico di Romena da quasi vent’anni. Ci voleva bene, ci sosteneva, tante pagine di storia sua e della sua famiglia si sono incrociate con la nostra. Ho provato a dire qualcosa di questo rapporto speciale…

 

P1020858Chissà se sarà stato così, oggi, Giuseppe, il tuo abbraccio con l’Amore infinito. Così lo avevi immaginato, così lo avevi visto nel quotidiano di Romena, Così lo avevi riprodotto nella scultura che, senza firmarla, ci avevi consegnato, accanto alla quale oggi, idealmente, scrivo queste righe.

Giuseppe Baracchi è un nome che racconta un pezzo di storia del Casentino. Ma è anche un nome che, silenziosamente, accompagna molta parte del cammino della Fraternità.
Oggi, soprattutto, quel nome è un sussurro di saluto: Giuseppe ci ha lasciato stamani, dopo aver riempito di vita i suoi 95 anni.

Giuseppe era un figlio di questa terra, il Casentino. Su questa terra si era chinato, nel dopoguerra, piangendo le sue rovine e giurando a se stesso di far qualcosa per risanarle. Insieme ai suoi fratelli aveva cominciato a costruire, passo passo, quella che sarebbe diventata, che è, una delle aziende leader in Italia nel settore della prefabbricazione.
Ma soprattutto Giuseppe aveva dato la carica a una valle piegata sulle sue macerie: la sua azienda, crescendo, avrebbe accompagnato la crescita di altre realtà; era lavoro, era dignità, era vita per centinaia di famiglie.

Giuseppe aveva la testa per aria, a scovare intuizioni e sogni, e i piedi sporchi di cemento, perché il suo posto in fabbrica non era mai lontano dagli operai.
Non dimenticherò mai la festa dei cinquant’anni della Baraclit, l’occasione in cui lo conobbi: non avrei mai immaginato, tra le tante cose belle, la gioia dei dipendenti di mostrare alle loro famiglie da dove veniva il loro pane. Era un pane faticoso, ma pieno di dignità e di rispetto. E quel signore non stava dall’altra parte, ma nella stessa, in quella fabbrica che provava a costruire un po’ di futuro per tutti.

Giuseppe si innamorava di tutto ciò che sprigionava energie nuove, di tutto ciò che profumava di futuro. Quando conobbe Romena, attraverso me e don Luigi, sentì che c’era qualcosa di speciale in quel cammino ancora acerbo, in quel sogno di fraternità che provavamo a delineare.
Lentamente insieme alla moglie Adele e con la presenza di tutta la sua grande famiglia, a partire dalle figlie Sandra e Silvana, si costruì con noi una sintonia speciale, una complicità di cuore.
Direttamente, o attraverso la Fondazione che aveva costituito, Giuseppe decise di accompagnarci, di sostenerci, di camminare con noi.

Giuseppe era un genio d’impresa. Aveva visioni larghe, ma sapeva anche renderle concrete. Una sera, al termine di una cena, chiese a me e a Gigi se avrebbe potuto aiutarci a dare uno spazio diverso alla nostra fraternità,.
La fattoria cominciò a divenire parte di Romena, idealmente, da quella sera.
Sarebbero passati anni, in realtà, per l’acquisizione, i passaggi, i lavori di ristrutturazione. Questi ultimi spettavano a noi, ma Giuseppe li avrebbe seguiti sempre, con il suo sguardo vivo, con i suoi occhi curiosi, con la gioia di vedere che qualcosa di bello, di nuovo, stava nascendo.
Gigi è andato a trovarlo l’ultima volta la settimana scorsa: gli ha mostrato le foto più recenti dei nuovi spazi di Romena, gli ha chiesto consigli. Non è stato un incontro, è stata una consegna: “Coraggio, andate avanti!”.

Giuseppe, Beppino, caro meraviglioso commendator Baracchi. Con te la fraternità oggi ha perso un fratello maggiore. Un uomo sapiente, un uomo creativo, un uomo innamorato della vita. Indimenticabile.

P1020855Quando guarderete quella scultura, l’abbraccio, pensate che l’ha realizzata un uomo con occhi bambini.
Un uomo che ha voluto camminare accanto alle nostre speranze per sostenerle, senza contropartite.
Un uomo che a 90 anni e passa, sapeva ancora sognare. Anche per questo, forse, ci voleva bene. E noi, a lui.