“Un gioioso saluto”. Finivano così le sue telefonate. E non ho dubbi che Paolo si sia congedato così dalla vita, quella vita che viveva con passione e entusiasimo soprattutto dal momento in cui aveva deciso di viverla donandosi e donandola.
Paolo Coccheri ci ha lasciato ieri. Aveva 85 anni. Attore e regista teatrale, personaggio sempre fuori schema, circa 40 anni fa aveva mollato tutto per seguire le strade della povertà in sandali.
Aveva creato le “ronde della carità” per dare cibo e assistenza ai senza tetto di Firenze e poi aveva girato l’Italia per seminare quest’idea (oggi le sue ronde operano in oltre 70 città).
Negli ultimi anni diceva di essersi ritirato ma da “eremita metropolitano”, così si definiva, continua a restare immerso nel vortice della vita sociale: si teneva informato su tutto e spesso interveniva pubblicamente sulle questioni pubbliche che più lo coinvolgevano.
Amava molto Romena: se leggeva in un giornale un richiamo a un incontro, a un’attività o a una nuoiva pubblicazione della Fraternità, alzava subito il telefono e mi chiamava per farmi i complimenti, e per indirizzarli a don Luigi. Era entusiasta delle esperienze di fede più innovative e più fresche, soprattutto di quelle esperienze che davano fiato alle persone più sofferenti.
Una volta lo chiamai a portare una testimonianza alla Compagnia delle arti di Romena. Era un momento delicato nella vita del gruppo: Paolo ci infervorò di entusiasmo con il suo stile sempre un po’ teatrale e ci trasmise il fascino delle sue spedizioni mattutine e serali per dare un conforto concreto ai poveri e ai senzatetto. Non era quella la strada del gruppo, chiamato a portare un sorriso creativo nelle case di riposo e nei centri disabili, ma quella sua spinta funzionò lo stesso.
E nelle sue telefonate–fiume ricche di racconti, di aneddoti, di citazioni sempre appropriatissime, si informava sempre sullo stato di salute del gruppo.
Paolo aveva una vivacità mentale e una carica umana incredibile: era un fiume in piena, dilagante, festoso, irriverente. Un uomo speciale, che sprizzava energia da tutti i pori, con una fede bambina, semplice, viva. Accanto all’attenzione verso gli ultimi, coltivava una passione luminosa verso la sua città, Firenze. Forse perché la sua fede era nata da una lettura su La Pira, il sindaco ‘santo’, sentiva come una sorta di missione il bisogno di proteggere la bellezza e i valori di questa città.
Nei nostri incontri fiorentini, spesso Paolo mi chiedeva di portargli qualche copia di un piccolo libro da noi pubblicato; “La forza della leggerezza”, di Arturo Paoli. Lo acquistava per regalarlo alle persone che incontrava. Lo avevano colpito lo stile e le parole dell’anziano missionario lucchese. Erano ‘cibo per l’anima’ che alternava a quello per il corpo, che distribuiva con le sue ronde.
Voglio immaginare che proprio ‘la forza della leggerezza’ sia stato il carburante di questo suo ultimo viaggio.Non ce lo potrà raccontare, e questo, oggi, è forse il suo unico rammarico.
Ma sono certo che in qualche modo, per qualche strada, riuscirà a farci arrivare il suo saluto.
Gioioso, ancora più di sempre.