Domani, domenica 1 agosto, ore 15.30, tornano a Romena Irene Sisi e Claudia Francardi, due donne meravigliose, due amiche speciali che sette anni fa ci regalarono una delle pagine più emozionanti e coinvolgenti della nostra storia. All’epoca le accompagnò una giornalista, Lucia Aterini, che ora ha raccontato la loro storia in un libro, “La goccia che apre le ombre”.
E il libro ci ha dato l’occasione, ma in fondo anche il pretesto per invitarle di nuovo.
Credetemi, fidatevi: è un’occasione per tutti noi; da non mancare.
La storia di Irene e Claudia nasce da una tragedia, la morte dell’amatissimo marito di Claudia, Antonio Santarelli, maresciallo dei carabinieri, a un posto di blocco, ferito mortalmente da un giovane, Matteo, il figlio di Irene.
Questa storia terribile, che mantiene intatta la sua scia di dolore, ma che è stata trasformata da queste due donne anche in occasione di riconciliazione e di crescita, ci riguarda molto di più di quanto crediamo, riguarda il senso del nostro cammino di vita, della nostra fede.
Per provare a mostrarvelo mi faccio aiutare da una riflessione di Giovanni Vannucci. In un suo incontro il monaco delle Stinche utilizza le leggi della fisica per spiegarci come si muove la vita.
Prendete una pietra, ci dice, e poi lasciatela. Cade a terra, naturalmente, per effetto della legge di gravità.
Guardate invece una pianta. Ha un peso simile a quello di un solido, ma un movimento contrario: non scende giù, ma sale, indirizzando verso l’alto i rami e le foglie: è la vita che ha dentro che fa la differenza. Ciò che è inanimato si muove verso il basso, ciò che è vivo segue direzioni diverse: “La vita – ci dice Vannucci – consiste in una prodigiosa violazione di tutte le leggi del mondo fisico”.
Nella nostra realtà quotidiana la forza di gravità è rappresentata dai mille motivi che ciascuno di noi ha per scivolare giù: pesantezze, limiti, paure, destini avversi. Un pool di forze che, con concentrazioni diverse, ci invitano a mollare, a lasciarci cadere. Questa corrente dal pollice verso, specie quando le cose non vanno, ci sembra la più naturale, inevitabile come una legge della fisica.
Eppure, se ci guardiamo intorno, ci accorgiamo che non è tutto così scontato: anzi notiamo spesso che proprio dove il peso delle situazioni negative cresce, sale anche la spinta ad opporvisi, che dove sembra inevitabile la disperazione, trova spazi imprevisti la speranza.
Nella storia di Irene e Claudia la forza di gravità sembra inarrestabile. Le due donne sono divise da una tragedia pesantissima che le vede su versanti opposti. Sentimenti come diffidenza, rabbia, risentimento, risulterebbero in fondo naturali, sono la reazione che troveremmo inevitabile.
E invece queste due donne ci mostrano che si può invertire la direzione, che invece di accettare la spinta verso il basso, si può cercare di ‘violare le leggi della fisica’. E se ci si riesce, con tanta fatica di sicuro, però la vita rinasce, la vita torna a sbocciare.
La loro vita non è rimasta bloccata sulla rigidità di un dolore immenso e di un fatto irreparabile, ma, pur continuando a fare in conti con quella sofferenza, è ripartita, è ricominciata, ha trovato nuove strade. Il loro è un esempio: difficilissimo da replicare, certo. Ma è importante lasciarsi ispirare, leggere ciò che è loro accaduto, trasportarlo nelle loro esistenze, nei nostri quotidiani, nei nostri piccoli e grandi dolori, nei risentimenti che ci bloccano.
E imparare, piano piano, grazie anche a esperienze come la loro, a fidarci del movimento della vita.