Il blog di Romena, a cura di Massimo Orlandi

25 anni di Romena (3) / L’alba della Fraternità

cartoncinoHo ritrovato questo vecchio cartoncino. Risale agli inizi di Romena. Questo era il lato frontale, sul retro c’era la spiegazione.
Nelle intenzioni doveva servire a promuovere le nostre prime  attività. In realtà non aiutava un granchè a capirle.
Non era un caso: con le parole abbiamo sempre fatto fatica a spiegare cosa provavamo a fare. Anche la parola ‘corsi’ era ed è rimasta inadatta, ma non è mai stata sostituita, in mancanza di alternative valide.

Quello che invece è apparso subito chiaro era il bisogno di cui volevamo occuparci. Ed era chiaro perché quel bisogno per primi lo sentivamo noi: il bisogno di uno spazio aperto, uno spazio dove potersi concedere di essere se stessi, uno spazio dove poter portare, senza imbarazzi, le proprie difficoltà, le proprie ferite, uno spazio dove incontrare gli altri e aprire le domande più grandi sulla vita. E questo accadeva in un momento non casuale: tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta la società del mercato e dell’immagine viveva la sua apoteosi, e si era presa tutti gli spazi di superficie, lasciando enormi vuoti in profondità.
A Romena sperimentavamo una gioia incomprensibile per quell’epoca perchè non nasceva dall’aggiungere, ma dal togliere. E ciò per primi sorprendeva noi…

 

Eravamo giovani, molti tra i 20 e i 25 anni. E questo alimentava Romena di sana incoscienza e di freschezza. Giovane anche don Gigi, ma con un’idea chiara, matura, di dove voleva andare. Un’idea costruita nei suoi anni di formazione e nei primi sette da prete. Un’idea travolta prima di nascere dall’onda della sua crisi personale. Un’idea che in quella crisi, invece aveva trovato il terreno giusto per germogliare.

gigi e abbè
Gigi insieme all’Abbè Pierre

Quando nacque la Fraternità per molti anni a Romena non abitò nessuno. Ma lì Gigi portò da subito la spiritualità di padre Vannucci, di Charles de Foucauld e dell’Abbé Pierre, lì trovarono spazio alcune intuizioni viste dai piccoli fratelli di Spello o a Taizè. Lì infine trovarono casa i volti, gli incontri, le esperienze vissute da quel giovane prete.
In definitiva Romena nasceva con molti padri. Originale era però la sintesi. E unico lo spazio: un’antica pieve semi abbandonata, la cui bellezza era rimasta lì, in attesa che qualcuno, di nuovo, la riconoscesse.

Cominciò così.  E in fondo quel cartoncino che cominciammo a distribuire non aveva il compito di convincere qualcuno. Non ci sarebbe riuscito.
Serviva piuttosto  a segnalare che c’era stato un inizio. Era l’alba della nostra fraternità.