“Ma stai parlando con me?” Devo confessarvi che questa domanda mi è girata in testa tante volte, i primi tempi. Avevo 17 anni, la fraternità di Romena ancora non c’era, e don Luigi, già allora Gigi, era da poco prete. Lo ascoltavo stupito nella chiesa che avevo riscoperto, e sembrava che dall’altare, durante la messa, mi indirizzasse le sue omelie. Sì, sembrava interpellarmi proprio dove avevo bisogno, proprio nel punto che era, in quel momento più esposto. Confidandomi con i miei amici, scoprivo che anche a loro era successa la stessa cosa. Dunque non era un fatto personale, Gigi riusciva a creare anche pubblicamente una relazione di intimità con ciascuno di noi.
Parlare al cuore. L’altro giorno, a Romena, mi sono tornate addosso tutte quelle emozioni giovanili, pietra fondante del mio rapporto con Gigi e punto chiave, credo, della sua missione di fede.
L’occasione è stata la visita a Romena, di 250 studenti di un liceo del Valdarno. In quella chiesa piena di adolescenti (erano quasi tutti studenti di prima superiore), mi sono risentito addosso le sensazioni mai sopite di trent’anni prima. Mentre ascoltavo Gigi (l’incontro può essere riascoltato sulla pagina podcast del sito i Romena) ero come loro, ero con loro. Ho indugiato sui loro sguardi attenti, ho respirato quel silenzio assorto, quasi stupefacente, ho colto tutta la bellezza della loro presenza profumata di futuro. Li ho incontrati in quella attenzione viva, che conosco bene. “Ma stai parlando con me?”…
Recentemente un caro amico di Romena, Ermes Ronchi, ha trovato le parole giuste per descrivere queste capacità di contatto intimo, intuitivo, profondo di Gigi con le persone. Sono alcune delle parole scelte per presentare il libro “Dio guarda il cuore”.
Mi piace riproporle, per esprimere ad alta voce la riconoscenza per l’incontro con questo meraviglioso compagno di viaggio e per il fuoco vivo che ci unisce da oltre trent’anni.
I Padri antichi la chiamavano la “cardiognosi”, conoscenza del cuore: sapevano leggere nell’intimo di un uomo come in un libro aperto, e non lo consideravano un miracolo, ma il dono concesso a chi cerca di guardare come guarda Dio: l’uomo guarda l’apparenza, Dio guarda il cuore (1 Sam 16,7). Dicevano che Dio ci ha creati perché ciascuno capisca ciascuno. Poi l’indifferenza, o la tenerezza quando smette di migrare tra gli sguardi, hanno elevato un muro tra di noi.
Luigi Verdi ha il dono antico e sacro della “cardiognosi”, quell’evento di comunione che accade a coloro che si sono purificati dal non-amore. E allora la vita lo ha stretto alla vita, con tenerezza, e ogni creatura riecheggia nel suo cuore, come il rumore del mare nella conchiglia. E lui può entrare nell’altro, ma lo può fare solo attraverso la porta del cuore: nella verità di una persona entri solo attraverso i suoi amori e i suoi dolori.
Le istituzioni religiose si affannano a formare responsabili che sanno tutto sui peccati, e sempre meno gente va a confessarsi. L’autentico Padre spirituale invece ha il dono della cardiognosi, la sapienza del cuore, e immediatamente tanta gente corre da lui, c’è la fila alla sua porta. Per questo motivo si allungano le file di chi approda a Romena; lì si sperimenta che ‘la vita altro non è che un pellegrinaggio verso il luogo del cuore’ (Olivier Clement).
Ermes Ronchi