E’ in arrivo il nuovo numero della rivista di Romena, quello che da sempre chiamiamo affettuosamente “il giornalino”. E’ un numero speciale. Lo abbiamo dedicato interamente ai incontri “Perchè avete paura?” e “Una fede nuda” che abbiamo organizzato quest’anno. Sono stati due percorsi bellissimi, e ci piaceva poterli raccontare a chi non c’era o farli rivivere a chi era stato presente. Il ‘giornalino’ quindi contiene, tra l’altro, i passaggi più significativi degli interventi di ospiti come Roberto Mancini, Antonietta Potente, Ermes Ronchi, Marina Marcolini, Maurizio Maggiani, e il testo dell’intervento che ci ha trasmesso via telefono Luigi Ciotti. Ma l’obiettivo di fondo è quello di cercare di trasmettere un clima, un’atmosfera, che, in quei giorni tutti insieme, abbiamo condiviso non tanto o non solo per il valore di un’intervento quanto, credo, per aver messo al centro di tutto, in quel fine settimana, la relazione, una relazione feconda fra tutti noi.
Mi piace anticiparvi una pagina di quello che potrete leggere. E’ una sintesi dell’intervento di don Gianni Marmorini all’inizio del cammino di “Una fede nuda”. Un cammino che quella sera, prevedeva la testimonianza di un uomo che aveva conosciuto il più terribile dei luoghi progettati dall’uomo. Dov’era Dio? Perchè non lo ha impedito? Erano queste le grandi domande che avrebbe sollevato inevitabilmente la sconvolgente testimonianza di Silvano Lippi, 92 anni, ex deportato nei lager nazisti…
Il silenzio di Dio
di Gianni Marmorini
Un grande maestro come Paolo De Benedetti, non iniziava mai un suo corso senza ricordare questa frase del teologo Jurger Kuhlmann: “Se la vostra teologia dopo Auschwitz non è cambiata essa non vale niente.”
Perché la pagina forse più brutta dell’umanità deve cambiare il mio modo di pensare Dio?
Questa domanda mi ha accompagnato molto e vorrei condividerla con voi.
Nel nostro immaginario Dio è sempre pensato come l’Onnipotente. In realtà la parola ebraica “El Shaddai”, che viene tradotta come ‘”Onnipotente” significa “Il Dio del crinale delle colline”, che è un modo per dire “Il seno di una madre che allatta”. Quando noi diciamo Dio onnipotente, non c’è l’idea della forza del guerriero che vince le battaglie, ma quella di tutte le donne che hanno allattato i figli.
Tuttavia quest’idea di un Dio che può tutto ci ha penetrato. E da questa idea nascono problemi: per esempio, di fronte a eventi come la Shoah, Dio dov’era?
Pensando a questa domanda mi vorrei soffermare sul Vangelo di Marco, ma non su una pagina, piuttosto su come Marco ha concepito il Vangelo.
Marco è l’evangelista che racconta più di tutti i miracoli di Gesù, almeno fino a un certo punto, perché dal capitolo dieci di miracoli non se ne trovano più. Inoltre, nel raccontare questi miracoli Marco li accompagna con una raccomandazione, Gesù la ripete almeno cinque volte, di non dire niente a nessuno. Un altro atteggiamento particolare di Gesù è che, dopo ogni gesto significativo, si dilegua: “Vieni Signore, ti cercano tutti!” gli dicono gli apostoli, e lui scompare o invita gli apostoli a spostarsi da quel luogo.
Ma perché Gesù chiede ai suoi discepoli di non dire nulla dopo i miracoli, perché, proprio nel momento del “successo” , sparisce?
La spiegazione potrebbe essere questa: che Gesù non si riconosceva nella figura di un Messia vincente, che risolve i problemi, che cambia le situazioni e le aggiusta.
Dopo il decimo capitolo Gesù non fa più miracoli, e gradualmente si avvia verso la sua Passione: verrà rifiutato, tradito, abbandonato, fino alla croce, fino a quel grido: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”
Ed è sotto la croce che il centurione vedendo come Gesù muore dice: “Davvero quest’uomo è figlio di Dio!”
Questa volta Gesù viene rivelato e non viene più nascosto. E il figlio di Dio che viene rivelato non è quel Gesù che trova un lebbroso e lo guarisce, che trova un morto e lo resuscita, ma è lo sconfitto, il rifiutato, il crocefisso.
Dovete sapere che il Vangelo di Marco, su questo concordano gli esperti, è stato allungato di almeno un capitolo. Nella versione originale il Vangelo finisce poco oltre, quando le donne vanno alla tomba e l’angelo annuncia che è risorto. Quindi in Marco non ci sarebbero le apparizioni di Gesù. Pensate: negli altri Vangeli ci sono le apparizioni, in quello di Marco devi credere al crocefisso, alle parole del centurione davanti al suo corpo nudo morto: “Quest’uomo è figlio di dio”! La fede è lì.
In che modo la shoah può aver cambiato il nostro modo di pensare Dio? Io credo che in realtà non l’ha molto cambiato, perché per noi Dio è sempre colui che può risolverci i problemi. Questo Dio onnipotente ci è forse entrato nel Dna.
Ma se noi invece di avere questa immagine di Dio, avessimo quella del crocifisso, chi si sentirebbe di dire a quell’uomo morto sulla croce, tutto nudo, aiutami?
Il crocefisso ribalta le cose: non è lui che può aiutarti, solo tu puoi aiutare lui.
Un’altra immagine della Bibbia molto bella, che mi è molto cara è in Isaia, quando dice: “Consolate il mio popolo” (cap 40.1). Questo versetto, secondo una lettura rabbinica, si può tradurre anche in un altro modo: “Consolatemi, consolatemi mio popolo” .C’è l’idea di un Dio che piange, che chiede di essere consolato, perché la vita in questo mondo non è quella che lui aveva sognato.
Penso ancora alle parole di Paolo de Benedetti che diceva più o meno così: quando saremo di là, noi che ci aspettiamo di incontrare un giudice, perché così ci hanno detto, chissà che invece non incontreremo un vecchio che ha bisogno di essere consolato, con le lacrime sul viso, e il bisogno che siamo noi ad asciugarle a Lui.