E’ un regista, uno scrittore, un poeta, è soprattutto un uomo libero. Si chiama Silvano Agosti e in questo periodo ascolto spesso le sue parole inconsuete. Agosti, in particolare, ricorda alle nostre menti ormai bloccate dai meccanismi e dalle regole della società una verità elementare: “Dovremmo ritrovare la consapevolezza che ciascuno essere umano è un capolavoro assoluto”. Ma la società che abbiamo costruito impedisce alle persone di esprimersi: i ruoli, i ruoli sociali che ci siamo creati sono, per Agosti, la nostra galera: “Sei andato a scuola e ti hanno detto “siedi al tuo posto”, e già lì hai smesso di credere che il tuo posto è dappertutto”.
“Sarebbe importante – aggiunge – sostituire l’ossessione che ciascuno ha “a diventare qualcosa o qualcun altro”, con la consapevolezza che ogni essere umano nasce avendo dentro di sé tutto ciò che gli serve”. In un suo libro, si è anche inventato un Paese, la Kirghisia, dove l’uomo ritrova ciò che di più importante ha perduto: se stesso.
Insomma, anche da queste poche note avete capito che si tratta di un personaggio speciale. Stamani ho trovato un suo intervento pubblico in cui legge il suo personale testamento. Sono pochi, intensissimi versi…
Il testamento di un poeta
Lascio i miei versi
a chi li leggerà,
le mie carezze
ai ladri e agli assassini.
Lascio i miei sogni
a chi non trova pace
e le mie lacrime
a ogni donna sola.
Lascio il mio sguardo
a chi crede di aver visto
e i miei sorrisi
alle divinità in declino.
A te, figlio mio,
lascio il mio tempo,
lo smisurato tempo
di chi vive.
Silvano Agosti