Il blog di Romena, a cura di Massimo Orlandi

Una carezza per Silvano

silvano lippi 1Li ho cercati, in questi giorni, i vostri racconti, i vostri commenti, i vostri pensieri sul fine settimana appena passato, sull’incontro “Una fede nuda”. Lunedì mattina ero di nuovo a Romena, per intercettare i pensieri di chi era rimasto una notte di più e si preparava a partire. Poi ho sbirciato più volte i social network, la posta elettronica…
Cosa volevo? Continuare. Continuare su quel filo di armonia, continuare quell’emozione profonda. Continuare a richiamare tutti quegli stimoli preziosi che ci sono arrivati. Che non devono perdersi nei meandri delle fatiche quotidiane.  E allora, perchè non provare a mettere insieme anche in questo spazio le tracce di  questi tre giorni che ci sono rimaste dentro?  

Vi invito, se volete, a pescare nei vostri ricordi, nei vostri pensieri, in ciò che vi ha colpito di più.
Io comincio da un primo episodio, che mostra chiaramente come al cuore di quest’incontro ci sia stata una bellissima partecipazione corale…

silvano lippi2Venerdì, ore 23. La prima sera di incontri sta per terminare, ma non ci riesce. La testimonianza di Silvano Lippi, deportato a Mauthausen, è un fardello duro da lasciare in gola. 

Per oltre un’ora Silvano ci ha portati nell’inferno di un campo di sterminio. Le sue parole hanno percorso binari agghiaccianti di morte, di tortura, di insensibilità umana. I suoi occhi hanno rivisto tutto quell’orrore: “Voi potete non credermi. Ma io so. Io c’ero. Anzi, 70 anni dopo io sono ancora lì”.

Volevamo cominciare così il nostro percorso di una fede nuda. Cominciare dal posto più lontano dall’uomo e da Dio.
Ma ora quella scelta ci pesa, è un carico aspro.
”Perché? – chiede l’anziano deportato – Perché? Perché è potuto accadere? Perchè Dio lo ha permesso?” 

Silvano, 92 anni e una vitalità prodigiosa, non stacca dal microfono il peso di quella domanda. Ci sentiamo addosso il suo dolore e la sua amarezza, incapaci di elaborarli.

Mi è rimasta solo una carta in mano prima di accettare che la serata si concluda così. E’ la musica più bella che conosca per rappresentare insieme la sofferenza e la voglia di superarla, il buio del baratro e il filo di luce che conduce al suo esterno. E’ la musica che John Williams ha scritto per Schindler list, con il violino struggente di Itzhak Perlman.
Mentre la propongo, ripenso alla scena finale del film, alla sfilata di sopravvissuti che portano una pietra sulla tomba di chi li ha salvati.
Mi chiedo se si possa portare il tesoro di una carezza o di una parola sul volto di Silvano, per curare quella ferita sempre aperta.
E’ un pensiero che esce fuori da solo, forse perchè è un pensiero condiviso.

silvano lippi3Ed ecco, ecco che tutti, tutti quanti si alzano e uno ad uno, lentamente, raggiungono Silvano. E sono carezze, e sono parole sussurrate, sono dialoghi amorosi, e sono baci.  E’ tardi, sempre più tardi, ma la notte e il riposo possono aspettare. 

silvano lippi4La fila è lunga quanto la chiesa e scorre lentamente, lieve, come il fiume della commozione che avvolge questa notte.
“Sai, mio babbo ha vissuto lo stesso inferno durante la guerra”, mi dice un amico che salutando Silvano ha risentito odore di casa. Qualcuno ha avuto uno zio, qualcuno un nonno. Qualcuno nessuno, ma in quell’uomo, nella sua fisicità, ha visto la possibilità di toccare quell’atroce pagina di storia, di offrire a chi l’ha vissuta un risarcimento di tenerezza. 

silvano lippi 5E’ oltre mezzanotte. Silvano si appoggia al suo bastone, l’aria di mille carezze addolcisce il suo viso.
“Ora potrai fare bei sogni” gli dico, sapendo che i brutti ricordi spesso lo visitano nel sonno. Fa cenno di sì, ci crede anche lui.
Aggiungo la mia carezza per dirgli buonanotte, ed è una notte buona quella che ora può, finalmente, andare a dormire.