Il blog di Romena, a cura di Massimo Orlandi

La tenerezza di Angelo

angelo casatiDalla tipografia ci hanno avvisato stamani: “Il libro è pronto”. Si prova sempre una bella sensazione quando, attraverso le pagine stampate, si rende possibile un incontro. In questo caso il libro, “I giorni della tenerezza”  è una nuova occasione per ascoltare  la voce poetica e profonda di Angelo Casati. La sua amicizia è un privilegio per noi…

“I giorni della tenerezza” sono quelli della Pasqua. Don Angelo ci accompagna in un cammino quotidiano di pensieri, di poesie, riflessioni lungo i giorni del mistero pasquale. Ci sarà tempo per entrare in contatto con questo libro. Intanto però mi piace condividere l’amicizia di Angelo. E per farlo,  vi propongo un piccolo estratto di uno degli incontri che lo hanno avuto per protagonista a Romena. Poche parole, che dicono molto sul suo stile di persona…

Vorrei che le chiese fossero come un albero…

Ci sono persone nella mia vita a cui sono estremamente grato perché mi hanno «cambiato». Tra queste metto Arturo Paoli che avete ascoltato, come alcuni grandi testimoni che non ho conosciuto, ma di cui ho letto: Lorenzo Milani, Primo Mazzolari…Però vi confesso che, accanto a queste persone che io ritengo «santi», ci sono due volti di santi piccoli.

Sono due bambine. Una bambina l’ho incontrata a Lecco dove ero parroco nei giorni in cui il Cardinal Martini mi chiamava per venire a Milano. Questa bambina, di 12 anni, mi dice: “Don Angelo, e adesso chi mi parlerà sottovoce di Dio?”. Sono rimasto folgorato. “Chi mi parlerà sottovoce di Dio?”. Come dire: non servono le celebrazioni oceaniche, no; parlare sottovoce, invece, perché così si parla al cuore. Sottovoce, per parlare in fraternità di Dio. Questa cosa mi ha cambiato la pelle.
L’altra bambina è invece di Milano. Ero in confessionale, un pomeriggio, e arriva lei. IV elementare, quindi 8-9 anni. Mi guarda e mi dice: “Don Angelo, devo dirti una cosa, ma non so come”. “Non preoccuparti, non è necessario dire tutto”. “No, io voglio dirtela, però non so come dirtela”. “Non importa – gli ho detto – Dio legge nel nostro cuore, stai tranquilla”. “No, devo dirtela”. Allora ho cercato di aiutarla e gli ho detto: “Forse si tratta del papà e della mamma – sapevo che si erano divisi – e forse questa cosa ti fa un po’ soffrire?”. “No, no, non è questo. Don Angelo, mio papà è un gay e la Chiesa i gay non li vuole”. E c’era, vi assicuro, una piega di sofferenza in quegli occhi dolcissimi di bambina.
L’ho guardata e gli ho detto: “Noi quest’anno – era l’anno del giubileo – abbiamo scelto come tema «guarire le ferite»”. E tra le ferite di cui avevo parlato in quella quaresima c’era anche questa: la ferita che noi diamo agli omosessuali”. E lei mi guarda e mi dice: “Allora tu, Don Angelo, accogli mio papà?”. 

Ecco l’insegnamento di una bambina. La richiesta di una Chiesa che accoglie, una porta che si apre a chiunque, che guarda il cuore e non le etichette. Una porta che chiunque può sospingere. E così vorrei che fosse una parrocchia: è sulla piazza e tu puoi spingere la porta ed entrare. Nessuno ti dice: “Ma chi sei? Da dove vieni? Fino a quando resti?”.
Nel logo della nostra parrocchia, c’è la scritta: “Come albero”. Forse potrebbe essere un’immagine rispecchiata anche qui a Romena.
Il Regno di Dio è come un albero, piccolo seme che germoglia, cresce, diventa albero e gli uccelli del cielo vengono e fanno nido e se ne vanno. Vorrei che le chiese fossero come un albero. L’albero non chiede agli uccelli da dove vieni o dove vai, quanto tempo resti. Dà ombra, dà cibo e poi sì, è bene che gli uccelli volino via. Non devono stare alla sua ombra.